Pubblicazione n. 6
CAPITOLO V
L’informazione infinita
Il prolungarsi per molti mesi della eccezionale concentrazione dei media sui tanti argomenti pandemici alimenta indirettamente le tesi alternative. Il pubblico che – come già indicato – è attentissimo al dibattito, alle esternazioni operate via via dagli esperti, rileva nel passare dei mesi le loro molteplici contraddizioni. Prendiamo la vexata questio della origine del virus: durante il 2020 sostenere la tesi artificiale, da laboratorio, era atteggiamento indicato dalla “scienza” presente sui media come una sciocchezza paranoicale; al momento in cui si scrive (giugno 2021) si tratta di un’ipotesi indicata dallo stesso pulpito come probabile. Il titolatissimo prof. Fauci, statunitense che smentiva l’anno scorso la nascita del virus in laboratorio, è il più autorevole ad aver fatto dietrofront. E inevitabilmente oggi giudica plausibile la tesi esternata già un anno fa da Montagnier, premio Nobel, sì, ma giudicato dalla “scienza” mediatica un eccentrico esibizionista, se non un vero pazzoide. Queste svolte, i dietrofront e le ripartenze sono assolutamente tipici della scienza, in un certo modo “fanno” la scienza, ma l’immenso attentissimo pubblico italiano ai tempi del covid non è la platea di un congresso di infettivologia. E i media hanno iniziato a inculcargli – forse credendoci davvero – che la scienza dia verità definitive.
A questo dietrofront sull’origine del virus, quindi di nucleare importanza, se ne sono aggiunti nei mesi diversi altri. Di particolare effetto mediatico ci sembra la questione relativa ai numeri ufficiali dei malati di covid in Italia.
Nell’autunno del 2020, alla comparsa nella penisola della seconda ondata, durante un surreale dibattito pubblico sulle colpe da attribuire alle discoteche estive, o alla ripresa della scuola, alla negligenza del popolo riguardo le mascherine e gli assembramenti, o alle naturali fluttuazioni stagionali del virus (unico dato certo fu – meno insistente nel dibattito – che il governo non aveva messo in atto nulla di protettivo nei mesi estivi per ammortizzare la certa riacutizzazione autunnale dell’epidemia), nei social si diffuse (prendiamo questa vicenda specifica come emblematica) un video a suo modo negazionista girato da una donna all’ospedale Sacco di Milano, sede di lavoro del noto prof. Galli, colui che riferiva in quel momento di un numero di malati elevatissimo ed esuberante in arrivo al suo reparto/ospedale. Il video mostrava, a detta dell’autrice, il pronto soccorso dell’ospedale, o meglio i suoi esterni, totalmente vuoti, ovvero per diversi minuti di registrazione non v’era traccia di ambulanze in arrivo o in partenza, di pazienti in attesa, di familiari in fermento, non si trovavano i segni di un’emergenza epidemica. Secondo l’autrice del video ciò stava a dimostrare che il Galli mentiva, e che dunque venisse rappresentata dai media una situazione molto più grave di quella reale. L’informazione titolata, quella “ufficiale”, bollò come una tendenziosa fake il video, in quanto non riprendeva il settore giusto dell’ospedale e in ogni caso non era dalle immagini di apparente tranquillità che si poteva ottenere una misura attendibile dei numeri dei malati: questa misura proveniva dai dati ufficiali raccolti dalla regione Lombardia. Molti cittadini di buoni sentimenti e pieni – a loro modo – della più pura coscienza civica mossero delle azioni di censura di quel video favorendone il blocco sui social.
Nell’inverno 2021, tuttavia, scoppia un’importante querelle tra regione Lombardia e governo: si scopre che i dati comunicati fino ad allora dalla Lombardia relativi ai numeri dei casi covid sono marcatamente errati in eccesso. Il pubblico, sempre e ancora attentissimo, registra che i tanto millantati “numeri ufficiali” non corrispondono alla realtà. In Sicilia, con meno risalto mediatico, era già successo nell’estate 2020: il presidente di quella regione aveva dichiarato un errore di conteggio, che incideva su un eccesso di circa il 50% rispetto ai numeri reali. Sempre in Sicilia, nell’inverno 2021, scandalo di verso opposto: una Procura indaga e arresta funzionari che avrebbero volontariamente – secondo quell’accusa – “spalmato” i morti di covid su periodi più lunghi di quelli reali entro cui le morti avvennero, per motivazioni non chiarissime ma verosimilmente inerenti l’evitamento della “zona rossa” affibbiata dal governo centrale ai territori più colpiti.
Ciò che a noi qui importa non è il merito di queste singole vicende, non ci interessa vagliare e distribuire colpe, dare ragione agli “ufficialisti” o ai “negazionisti”. Queste vicende ci interessano nella loro natura di messaggio mediatico rivolto al pubblico. È fin troppo evidente che comunicare agli italiani che i famosi “numeri ufficiali” da loro ascoltati notte e giorno da molti mesi, a inizio di qualunque TG, da quello di raiuno a quello di tele-Vattelappesca, e che hanno costituito la bussola inappellabile sul quale costruire le strategie di contenimento della pandemia, potrebbero essere errati, è una bomba in favore della fazione negazionista/complottista, di tutta quella parte di popolazione che avevamo indicato del tipo “paranoicale”. E getta nell’imbarazzo anche la fazione opposta. È molto realistico che gli addetti regionali, con tutto l’ambaradan burocatico/sanitario che con la pandemia si sono trovati a gestire, semplicemente sbaglino: per inefficienza, impreparazione, disorganizzazione, sciatteria, o semplicemente per umana fallibilità. Non c’è bisogno per forza di complotti orditi a tavolino da Illuminati miranti al Nuovo Ordine Mondiale, o da Big Pharma che vuol vendere vaccini per una malattia che non esiste; ed è verosimilmente normale che una vicenda così nuova e complessa sia costellata di errori e ripensamenti, anche considerato il basso livello medio di efficienza di questi enti pubblici. Il dato che qui serve esaminare è però la comunicazione da parte dei media di errori e ripensamenti a quello stesso enorme pubblico – l’intera popolazione italiana – al quale fino a poco prima gli stessi trasmettevano i medesimi argomenti come certezze “scientifiche”, i numeri “ufficiali” come dato indiscutibile, e ostentavano radicali snobistici giudizi di “fesserie antiscientifiche e negazioniste” nei confronti di elementi o soggetti che quei dati mettevano in discussione. Come il video del Sacco: esso voleva significare che i numeri ufficiali non corrispondevano a quelli reali; probabilmente l’autrice aveva intenzioni più estreme, voleva alludere a complotti organizzati, forse davvero riprese volutamente una zona dell’ospedale diversa da quella deputata agli arrivi d’urgenza: non conta qui granché. Ciò che conta è che si diede ufficialmente della bufala a un documento che di fatto indicava qualcosa che poi si è confermato essere corretto: i numeri ufficiali covid della martoriatissima Lombardia erano sbagliati in eccesso. I numeri ufficiali sono, in altre parole, visti dai concentratissimi paranoicali, la vera fake.
Nella settimana tra il 16 e il 21 agosto 2021 i media davano per scontato che a partire dal 23 agosto la Sicilia, a causa della marcata risalita di casi e ospedalizzazioni, sarebbe tornata con le limitazioni di regione “gialla”. Ancora la mattina di sabato 21 agosto l’assessore regionale alla Sanità rilasciava pubbliche dichiarazioni in cui dava per certa la “zona gialla” a partire dal lunedì 23 agosto e accusava apertamente di questa misura restrittiva i tanti siciliani riluttanti al vaccino, gettando benzina sul fuoco del marcato scontro civile tra vaccinisti e non vaccinisti (si esaminerà a parte). Nel pomeriggio dello stesso sabato 21 agosto viene diramato dai media un improvviso dietrofront: niente zona gialla. Altro testacoda comunicativo sbalordente.
Tratteremo più specificamente l’argomento mediatico vaccini: qui elencheremo semplicemente alcuni elementi che ebbero un ruolo drammatico nell’induzione di perplessità nello sconfinato pubblico e che hanno contribuito pertanto all’eccitamento sempre più parossistico dei tratti psicologici precedentemente indicati e, quindi, allo scontro civile.
Già nelle primissime settimane di apertura delle vaccinazioni, la casa produttrice del primo vaccino commercializzato comunicò di non potere onorare nei confronti di vari Stati, tra cui l’Italia, le forniture in modo quantitativamente adeguato al ritmo delle somministrazioni. Presto venne comunicato al mondo che la CE aveva stipulato con le case produttrici contratti in cui incredibilmente non erano specificati ovvi, scontati termini di garanzia delle forniture. La casa produttrice appariva pertanto legalmente giustificata a mettere senza penali in enormi difficoltà la nazione Italia. Non si può non capire quanto una vicenda del genere, nella quale la protagonista negligente è addirittura la Commissione Europea, percepita dagli italiani fino ad allora come una sorta di infallibile potentissima entità finanziaro-burocratica (si riveda tutto il rapporto conflittuale tra essa è l’Italia nell’era precovid della “austerity”, le famose “lettere di richiamo” della CE ai governi italiani), abbia avuto un effetto intensissimo sui sovreccitati animi di decine di milioni di fruitori dei media.
L’enorme diffusione di notizie relative a dubbi marcati su gravissime reazioni avverse, la relativa sospensione transitoria di AIFA del vaccino Astrazeneca, le altalenanti continue modifiche riguardo le fasce di età indicate alla somministrazione di esso, ci sembra non necessitino di ulteriori specificazioni relative all’effetto di esponenziale incremento della perplessità in un così enorme, eccitato e terrorizzato pubblico.
Gli episodi qui ricordati ci servono come esempi di un’informazione mediatica che mantenendo una pedissequa, serrata, puntigliosa, martellante attività appunto di informazione del sempre più sovraeccitato pubblico, si trasforma in un enorme ostacolo al contrasto razionale e ben istruito della pandemia da parte delle autorità politiche. L’informazione così condotta in questo frangente emergenziale complica la pandemia anziché agevolarne il contrasto, perché non consta di una campagna istruttiva/educativa, ma di un infinito talk show, un interminabile approfondimento, più fine a se stesso che alla nazione.
Sono senza parole!Non c’e’ una sola indicazione che non corrisponda al mio pensiero.C’e’ inoltre equilibrio espositivo,serieta’ di documentazione e autentico coinvolgimento come professionista,come cittadino e come uomo.Ma allora ca..o perche’ ti ostini in queste battute giornaliere da cui ricavo solo sarcasmo,gioco verbale,volonta’ demolitoria?Sei un uomo con le strapalle che fanno i conti…vincendo con una fragilita’ emotiva.A che ti serve passare dal registro”gravis”a quello”ludico”,che poco aiuta a capire,quel che qui e’ serio autentico e scrupolosamente documentato?Ma allora sara’ questo il motivo per cui nonostante gli scazzi ti voglio molto bene?
Carissima, contento che condividi.
Non ti devi sorprendere, i contesti comunicativi sono molto differenti: una cosa è la mia bacheca facebook, ben altro un saggio di psicologia sociale.
Ma la persona è la stessa, giuro!
L.