La Pandemia Mediatica, capitolo XI: L’informazione in emergenza.

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La Pandemia Mediatica, capitolo XI: L’informazione in emergenza.

 

 

Capitolo XI
L’informazione in emergenza
La gestione della pandemia covid 19 è passata interamente dalla comunicazione
mediatica di massa che se ne è fatta a partire dal marzo del 2020. L’informazione sul
covid, lo stile di questa comunicazione mass-mediatica, ha condizionato e a nostro
giudizio pregiudicato la possibilità di una gestione più razionale, divulgativa ed efficace
da parte delle autorità politiche e sanitarie. Ribadiremo qui ancora una volta il perché. Il
covid apparve come una notizia qualsiasi, priva di immediati effetti concreti disturbanti
in modo diretto la vita del pubblico che riceveva dai media tale notizia. Come detto, è
qui, in questo momento, che si verifica quello che potremmo indicare come il “peccato
originale” della pandemia mediatica in Italia: sono i media a stabilire sin dall’inizio cosa e
come il pubblico deve apprendere del covid. Non c’è, o non appare, un piano
informativo di emergenza; non c’è, o non appare, un piano pandemico che preveda che
siano le autorità politiche e sanitarie a redigere l’informazione di massa. Il covid viene
eviscerato e sfruttato in tutti i modi dai media come “notizia” che tiene gli spettatori
attaccati allo schermo o al PC e man mano, come abbiamo visto, questo attaccamento
produce la “scienza”, una versione adulterata di scienza, carica di argomenti morali,
civici, economici, politici, mediatici. L’effetto della prolungata azione di questa “scienza”
sul pubblico, via via sempre meno distratto e distaccato, e invece sempre più impaurito e
colpito severamente dalla pandemia, è in primis lo scontro civile tra italiani. Oltre la
concreta divisione tra italiani, la “scienza” produce con la sua sola esistenza mediatica un
altro deleterio effetto, di genere culturale: si impone su quote enormi di popolazione
come concetto diffuso di scienza. La scienza tramonta in Italia, come concetto, in favore
della “scienza”. Sarebbe meglio dire che la “scienza” arriva a tutti, a decine di milioni di
persone, veicolata dai media eccitatissimi dalla pandemia, mentre la vera scienza resta,
come sempre, un concetto limitato a ristrettissime élite istruite a un livello concettuale,
epistemologico – e non solo direttamente scientifico di branca – che quindi possano
distinguere il carattere teorico e metodologico della scienza dai singoli argomenti e
contenuti che essa si trova a trattare, e in particolar modo a non farsi disorientare dalle
tensioni emotive, sociali e politiche che la pandemia infuoca. Una intera nazione che
crede che la scienza sia la “scienza” dei media rappresenta a nostro giudizio una
catastrofe culturale, particolarmente pendente sulla testa delle più giovani generazioni
attuali che hanno inaugurato il loro sguardo di conoscenza del mondo durante la crisi covid.
L’impreparazione delle autorità statali a un’evenienza emergenziale di massa come una
pandemia è stato quel vuoto pneumatico riempito dalla iperattività dei media. È
mediatico lo stile di contrasto alla pandemia, e i governi si sono adeguati a questo stile,
non avendone uno proprio predisposto. I media per loro stile e convenienza incitano le
polemiche tra fazioni opposte, come avviene da decenni nei talk show politici, con lo
scopo di mettere pepe al gusto dello spettatore? La politica ha importato in pieno questa
modalità, gettando benzina sul fuoco del conflitto negazionisti/ufficialisti,
complottisti/scientisti, pro-vax/no-vax, pro-green pass/no-green pass, arrivando a patrocinare
ufficialmente questo conflitto, elevandolo da un livello mediatico da social-network a
tradizionale conflitto politico, come abbiamo detto a proposito del Governo Draghi in
relazione alla pesante imposizione del green-pass e all’inequivocabile emarginazione civile dei riluttanti al vaccino.
La conclusione ovvia consiste nella importante necessità di fare esperienza di questa
vicenda. Si tratta in sintesi di uno scontro tra due poteri che agiscono sulla società
italiana: quello mediatico e quello politico. Il ruolo dei media (siano essi di Stato che
privati) nell’indirizzare la popolazione sui temi del covid è stato notevolmente preminente
rispetto a quello dei governi, e da ciò è venuto fuori il conflitto. La libera stampa è tale
finché esiste un governo che davvero comanda: una stampa che diventi di fatto più
potente e influente del governo si trasforma essa nel dittatore. Si potrebbe arrivare al
paradosso del desiderare un “libero Stato in libera stampa” anziché una “libera stampa in libero Stato”.
Urge a nostro avviso rigettare con forza l’egemonia culturale in Italia della “scienza” e
ridare sulla scorta degli errori madornali e dei vuoti che il covid ha evidenziato ridare
apicalità e potere alla politica. Un governo deve disporre di un piano emergenziale di
massa che includa come primo punto la presa in mano di tutta la comunicazione
mediatica. Una sola centrale redazionale delle informazioni di carattere istruttivo,
precauzionale, divulgativo, ovvero una regia unica di quanto va comunicato, veicolato al
pubblico al fine circoscritto e preciso di istruirlo per limitare i danni di un virus o di una
qualunque altra sciagura di massa. Il lockdown più immediatamente urgente che sarà
opportuno imporre la prossima volta sarà quello dell’informazione.
La redazione unica di una campagna divulgativa imposta a tutti i mezzi di comunicazione
di massa non è azione più estrema e illiberale del lockdown fisico di decine di milioni di
cittadini, ovvero quanto si realizzò in Italia nella primavera del 2020. E a guardar bene,
forse, dalla disamina a posteriori degli sviluppi socio-politico-mediatici del covid in Italia
(dal marzo 2020 a oggi novembre 2021) sarebbe stato ben più utile. Una univoca voce
divulgativa non è affatto detto, è chiaro, che proponga immediatamente suggerimenti e
soluzioni vincenti, efficaci. Ha però il merito – più somigliante a un genuino
procedimento scientifico – di ridurre al minimo la confusione e sovrapposizione delle
ipotesi di partenza, dei metodi attuativi, della raccolta e valutazione dei risultati. Sapere di
avere fatto una precisa azione, ben definita, circoscritta e controllabile negli esiti,
consente di produrre utilissima conoscenza anche quando il suo esito specifico sia
inefficace: si riparte dalla certezza di questa inefficacia per tentare con la massima
chiarezza possibile una nuova proposta ragionata. Sarebbe questo il modo più somigliante al metodo di scientifico di trattare una emergenza. L’informazione lasciata a se stessa rischia di diventare baccano che non
fa capire quali siano le soluzioni più adeguate.

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