Le Zone Rosse/Le Rivolte Carcerarie (da “La Pandemia Mediatica”)

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Da “La Pandemia Mediatica”

Le zone rosse

Scatta la prima zona rossa in Italia: Codogno. A questo punto compare la vera e propria paura, soprattutto nei territori contigui del nord Italia. Tuttavia l’interesse da parte del pubblico dei media, a nostro avviso, è catalizzato in questo momento anche da aspetti differenti dal terrore di essere personalmente raggiunti dall’infezione. Si diffonde un eccitamento scatenato dalle misure di ordine pubblico straordinarie messe in atto dal governo. Un popolo che non ha mai vissuto la guerra, se non in una ristrettissima fascia di suoi ultra-anziani, si accende di energia emotiva dinanzi a una misura straordinaria che ha sembianze simil-marziali. L’italiano si compiace perché per la prima volta si accorge che il governo può rapidamente imporre delle regole ferree ai cittadini, sebbene ancora si tratti di una parte minima di essi. È rassicurante ed esaltante allo stesso tempo realizzare all’improvviso che il governo c’è, il governo può, il governo fa. Proprio come quello cinese. Dentro molti italiani sembra sbocciare all’istante un sentimento patriottico, che viene fuori dal confronto tra Italia e Cina. La suggestione che a quel punto si diffonde potrebbe somigliare alla seguente: è vero che la Cina ha un governo risoluto, ma essa è una spietata dittatura; in più è una nazione che per i suoi incivili costumi alimentari sta mettendo a repentaglio infettivo il resto del mondo. L’Italia, per quanto piena di difetti, è pur sempre una democrazia, è moralmente superiore; ed è assodato che gli italiani sono igienicamente più evoluti dei cinesi: gli italiani non mangiano i pipistrelli e non macellano animali selvaggi per strada! La Cina ha un governo efficiente, è vero, ma anche il governo italiano sa essere risoluto, efficiente, marziale: questa novità esplode con l’istituzione dei cordoni sanitari vigilati dalla polizia intorno alle zone rosse. Siamo più civili della Cina, siamo più morali della Cina, ma possiamo essere risolutivi, efficienti e marziali come lei. È una vittoria ideale a tutto campo.

L’efficienza dell’istituzione delle zone rosse non è ovviamente da attribuire per intero alla potenza del governo. Il tipo di minaccia che gli italiani vedono arrivarsi contro agevola enormemente il rispetto dei confinamenti. Il virus spaventa il singolo cittadino, arriva a toccare la dimensione individuale di ciascuno, eccitando timori di malattia personale e dei propri cari e stimolando la ricerca autonoma e volontaria di precauzioni. L’incubo che un contagio infettivo rappresenta da sempre per l’umanità riesplode all’improvviso con tutto il suo carico di inquinamento della vita di relazione, di contatto con gli altri, sia stretti che non, per motivi diversi, opposti. Se temo di essere infetto io, mi imporrò la distanza dai miei affetti più cari; se temo che un esterno alla mia cerchia sia infetto, lo tengo lontano senza remore. Le regole della normale convivenza sociale saltano. La potenziale dannosità del virus non è generica, distribuita in un lungo indefinito tempo, passibile di attenuazioni e proroghe mediante adattamenti e graduali modifiche, come può avvenire quando si è vittime di una crisi economica. No. Il virus, invisibile, inavvertibile, arriva tramite le persone che incontri ogni giorno, affetti, amici, conoscenti, e improvvisamente ti tocca nel corpo, in ciò che tu credi sia sotto il tuo stretto controllo; e invece lo fa suo, te ne espropria senza neanche farsi vedere. Ti dimostra che tu non ti appartieni. E oltre il tuo corpo, a differenza delle malattie non infettive, distrugge le tue relazioni umane, fatto che purtroppo sarà aggravato in modo macabro e burocratico dalle imminenti misure di contenimento infettivo riguardanti i ricoverati negli ospedali.

Le zone rosse, in realtà, non le impone il governo, le fanno ben solerti i cittadini stessi, di Codogno, di Vo’ Euganeo, in preda alla paura ma mossi pure da una vertigine per la straordinarietà, da una desiderata solerzia. Aderiscono alle limitazioni volentieri, accolgono con apprezzamento la risolutezza del governo che istituzionalizza la loro stessa determinazione ad auto-proteggersi. Il governo fa, certo, è vero. Ma ha gioco facile, come chi deve mettere in scena una parata da tutti voluta, soldati e spettatori. La paura e il desiderio di misure straordinarie fanno quindi accogliere con favore le misure appunto straordinarie adottate dal governo. Che non è poi tanto differente, si inizia a percepire mediaticamente, da quello che ha blindato Wuhan.

Le rivolte carcerarie

Ben diversa, ai nostri occhi antitetica, è l’importante vicenda delle rivolte carcerarie. Tutti apprendemmo dai media che la comparsa di casi di covid in Italia fu l’occasione per l’esplosione di intense rivolte in diverse carceri italiane. Le notizie non furono particolarmente dettagliate. Si seppe di scontri violenti in diverse città tra detenuti e polizie, con feriti e un certo numero di evasi. I detenuti protestavano – si apprese – per il grande rischio di contagio che le loro condizioni di vita collettiva all’interno delle prigioni rappresentavano. Gli italiani, dopo alcuni giorni di questo tenore di informazioni, appresero che a un tratto le rivolte erano state sedate. Non si seppe granché su come ciò avvenne, né si entrò nel dettaglio dell’uno e dell’altro carcere, di questa e quell’altra città. I media tuttavia trasmisero una comunicazione del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria): le rivolte avevano lasciato a terra quattordici detenuti morti. Ma si badi bene, morti per overdose da metadone, non per cause più cruente. Nove nel carcere di Modena, uno a Bologna, quattro a Rieti. Non si conoscono nomi e circostanze specifiche dell’uno e dell’altro caso: questi quattordici, distribuiti su tre differenti città, evasi dalla detenzione in occasione delle contemporanee rivolte, hanno svaligiato le infermerie delle rispettive carceri facendo incetta smisurata e letale di metadone, oppiaceo utilizzato per lo svezzamento da eroina. Poveretti. L’ordine nelle galere è stato, dunque, presto efficacemente ristabilito; ha avuto – purtroppo è vero – queste anonime vittime collaterali, delle quali è sfuggito per forza di cose, a causa dei disordini creati dai detenuti, il contenimento delle loro stesse pesanti attitudini tossicomaniche (si sono di fatto suicidati), ma il caso è ora chiuso.

I detenuti delle carceri hanno nei confronti del governo, paragonati ai ristretti nelle zone rosse, un comportamento opposto: vi si scagliano contro con forza. Il governo tuttavia reagisce in modo efficiente: non sappiamo nel dettaglio come, ma ci informa concisamente di un rapidissimo e netto risultato. È in questa vicenda che si vede davvero la forza esecutiva del governo, che improvvisamente sembra poter far tutto. Anche spegnere su più fronti violente rivolte carcerarie, verosimilmente organizzate da importanti organizzazioni criminali, le stesse che da secoli parassitano la vita civile della nazione e che in questa occasione sembrano immediatamente battute, senza fare vittime, mantenendosi le istituzioni entro gli argini della correttezza democratica. Ciò è almeno quello che viene comunicato dai media. Se quattordici sconosciuti poveracci si sono gettati a tuffo sul metadone in contemporanea su tre città differenti morendone, non è colpa del governo. Il governo non ha ucciso nessuno.

Queste rapide notizie relative a una eccezionale rivolta allargata di detenuti, spenta con straordinaria misteriosa efficienza lasciando a terra delle vittime che ufficialmente lo sono solo di se stesse, vengono praticamente ignorate dal grande pubblico. Lo stesso pubblico che fino a pochi giorni prima veniva convulsamente coinvolto in dibattiti riguardanti la correttezza democratica e umanitaria delle istituzioni governative in varie vicende, riguardanti l’immigrazione clandestina (decreti sicurezza, l’episodio Carola Rackete), il comportamento della polizia in singoli episodi (es. la reazione letale di un carabiniere in borghese a un tentativo di rapina a mano armata da parte di un quindicenne a Napoli), finanche il puntiglioso utilizzo politicamente corretto di singole parole (es. la declinazione al femminile di termini finora esistenti solo al maschile, es. ministro, ministra), questo stesso parterre non dedica tempo per commentare questa inedita, misteriosa efficienza repressiva del governo italiano. A nessuno interessa sapere meglio, di più, voler conoscere le storie individuali di questi quattordici morti di overdose simultanea da metadone in tre differenti città. In pochi giorni l’argine democratico entro cui le istituzioni devono agire non interessa più granché: si esige da parte del governo l’imposizione di sicurezza, non interessa più tanto come. Lo spettro di un’epidemia globale – che purtroppo presto si farà carne – catalizza tutta l’attenzione e ha già avviato all’interno di molte coscienze un sovvertimento: i diritti del singolo, le libertà individuali devono passare in secondo piano rispetto alle urgenze di sicurezza sociale che vanno imposte dall’alto a tutti.

Sarà un cambio epocale di coscienza politica collettiva.

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