Pubblicazione n. 2
Il virus “arriva” in Italia
A fine febbraio/primi di marzo 2020 si manifesta la presenza del virus in Italia. Un uomo di trentotto anni che ha avuto contatti con qualcuno che è stato a Wuhan è il “paziente zero”: Mattia. Viene presentato dai media come non solo il primo ad ammalarsi ma come colui che, con i suoi pochissimi contatti, avvia la catena dei contagi che si diffondono al resto d’Italia. I media comunicano davvero che da quello specifico uomo, e da uno/due dei suoi contatti, è partito un tragico giro dell’oca che accende via via focolai in alcuni punti del nord Italia, e questo sarà il primum movens dell’istituzione delle prime zone rosse da parte del governo italiano. Nelle settimane a seguire i media, dunque, ci raccontano della crescente comparsa di casi come di una progressione in serie che parte da Mattia. E nessuno smentisce con determinazione – almeno non ce ne resta una memoria impressa – questa impostazione grossolanamente sballata. Se Mattia fosse davvero il primo portatore del virus in Italia, e tutti i casi che via via vengono evidenziati anche in territori sensibilmente lontani da lui fossero realmente in un legame seriale diretto con Mattia, ciò indicherebbe una contagiosità innaturale, qualcosa di mai registrato: uno/due individui portano il virus in Italia, questo passa rapidissimamente a molte altre persone anche distanti da loro, ma senza che si possa individuare a collegamento una precisa catena di malati. Per qualunque infettivologo, virologo, epidemiologo, ma anche per un qualunque medico di media cultura, si tratta di un’interpretazione del tutto incredibile, palesemente scombiccherata. Un virus che entra in Italia con una persona e dopo pochi giorni tramite quella persona si ritrova diffuso, con molti casi, a un territorio molto ampio e distante da quella persona, non darebbe scampo all’intera popolazione in poco tempo, perché questo comportamento sarebbe spia di una contagiosità soprannaturale e immediatamente devastante.
I media tuttavia veicolano questa assurdità per le settimane a seguire. È un primo esempio di sostituzione di ipotesi genuinamente scientifiche con una “verità” che non si sa bene da dove provenga e che è comunque sostenuta dai media: è del tutto ovvio per la logica infettivologica, diciamo scientifica, che Mattia è un primo caso individuato come covid proprio grazie alle informazioni provenienti dalla Cina. È marcatamente improbabile che lui sia davvero il primo infetto italiano. È del tutto evidente che i tanti casi che via via vengono individuati non hanno per forza un legame di contagio con Mattia: questo per la scienza è ovvio. L’intero fenomeno va letto al contrario: le notizie provenienti dalla Cina di una nuova malattia virale polmonare grave hanno attivato la ricerca di questo virus negli ospedali italiani, e da questo momento in poi, cioè quando lo si inizia a cercare, esso viene trovato. Verosimile è, ed è evidente già da subito a qualunque occhio minimamente competente, che il virus è già diffuso in Italia in più zone, e che probabilmente ha già fatto malati e vittime che ovviamente non sono state identificate come covid semplicemente perché di esso non se ne conosceva l’esistenza. Mattia è solo uno di questi. Per la scienza non è credibile che sia il primo importatore del virus in Italia, proprio perché vengono rapidamente individuati molti casi lontani da lui. Questo gigantesco abbaglio però è diffuso e discusso per ore e ore al giorno dai media, dai più titolati nazionali come dai locali. È la prima occasione in cui i media fanno una incursione deviante nella scienza. Ma presi dalla concentrazione sulle “notizie” nessuno nel grande pubblico profano se ne accorge. E ciò che è molto grave in modo specifico è che chi sa benissimo che si tratta di panzane – virologi ed esperti consimili – non protesta, anzi sembra nicchiare. O magari qualcuno lo fa ma la sua voce non riesce a sentirsi, a diffondersi in modo paragonabile a quanto si è diffusa la panzana. Sono già i media in questo caso a fare “scienza”.
A posteriori, un complottista potrebbe ipotizzare che la narrazione Mattia-centrica possa aver alleggerito le responsabilità delle autorità sanitarie preposte alla vigilanza infettiva rispetto a quello che è stato lo scenario reale, ovvero che il virus era diffuso in alcuni territori del nord Italia ben prima di Mattia. Non affermiamo che questa versione sia stata inventata apposta, al fine di sollevare le autorità da “colpe”, diciamo solo che la ricostruzione a posteriori di questo stile comunicativo mediatico si presta in teoria a tale interpretazione, ne soddisfa la logica.
La trattazione mediatica del caso Mattia è un esempio piuttosto evidente di un elemento nucleare in questa nostra trattazione: la confusione tra informazione mediatica e scienza.
Le zone rosse
Scatta la prima zona rossa in Italia: Codogno. A questo punto compare la vera e propria paura, soprattutto nei territori contigui del nord Italia. Tuttavia l’interesse da parte del pubblico dei media, a nostro avviso, è catalizzato in questo momento anche da aspetti differenti dal terrore di essere personalmente raggiunti dall’infezione. Si diffonde un eccitamento scatenato dalle misure di ordine pubblico straordinarie messe in atto dal governo. Un popolo che non ha mai vissuto la guerra, se non in una ristrettissima fascia di suoi ultra-anziani, si accende di energia emotiva dinanzi a una misura straordinaria che ha sembianze simil-marziali. L’italiano si compiace perché per la prima volta si accorge che il governo può rapidamente imporre delle regole ferree ai cittadini, sebbene ancora si tratti di una parte minima di essi. È rassicurante ed esaltante allo stesso tempo realizzare all’improvviso che il governo c’è, il governo può, il governo fa. Proprio come quello cinese. Dentro molti italiani sembra sbocciare all’istante un sentimento patriottico, che viene fuori dal confronto tra Italia e Cina. La suggestione che a quel punto si diffonde potrebbe somigliare alla seguente: è vero che la Cina ha un governo risoluto, ma essa è una spietata dittatura; in più è una nazione che per i suoi incivili costumi alimentari sta mettendo a repentaglio infettivo il resto del mondo. L’Italia, per quanto piena di difetti, è pur sempre una democrazia, è moralmente superiore; ed è assodato che gli italiani sono igienicamente più evoluti dei cinesi: gli italiani non mangiano i pipistrelli e non macellano animali selvaggi per strada! La Cina ha un governo efficiente, è vero, ma anche il governo italiano sa essere risoluto, efficiente, marziale: questa novità esplode con l’istituzione dei cordoni sanitari vigilati dalla polizia intorno alle zone rosse. Siamo più civili della Cina, siamo più morali della Cina ma possiamo essere risolutivi, efficienti e marziali come lei. È una vittoria ideale a tutto campo.
L’efficienza dell’istituzione delle zone rosse non è ovviamente da attribuire per intero alla potenza del governo. Il tipo di minaccia che gli italiani vedono arrivarsi contro agevola enormemente il rispetto dei confinamenti. Il virus spaventa il singolo cittadino, arriva a toccare la dimensione individuale di ciascuno, eccitando timori di malattia personale e dei propri cari e stimolando la ricerca autonoma e volontaria di precauzioni. L’incubo che un contagio infettivo rappresenta da sempre per l’umanità riesplode all’improvviso con tutto il suo carico di inquinamento della vita di relazione, di contatto con gli altri, sia stretti che non, per motivi diversi, opposti. Se temo di essere infetto io, mi imporrò la distanza dai miei affetti più cari; se temo che un esterno alla mia cerchia sia infetto, lo tengo lontano senza remore. Le regole della normale convivenza sociale saltano. La potenziale dannosità del virus non è generica, distribuita in un lungo indefinito tempo, passibile di attenuazioni e proroghe mediante adattamenti e graduali modifiche, come può avvenire quando si è vittime di una crisi economica. No. Il virus, invisibile, inavvertibile, arriva tramite le persone che incontri ogni giorno, affetti, amici, conoscenti, e improvvisamente ti tocca nel corpo, in ciò che tu credi sia sotto il tuo stretto controllo; e invece lo fa suo, te ne espropria senza neanche farsi vedere. Ti dimostra che tu non ti appartieni. E oltre il tuo corpo, a differenza delle malattie non infettive, distrugge le tue relazioni umane, fatto che purtroppo sarà aggravato in modo macabro e burocratico dalle imminenti misure di contenimento infettivo riguardanti i ricoverati negli ospedali.
Le zone rosse, in realtà, non le impone il governo, le fanno ben solerti i cittadini stessi, di Codogno, di Vo’ Euganeo, in preda alla paura ma mossi pure da una vertigine per la straordinarietà, da una desiderata solerzia. Aderiscono alle limitazioni volentieri, accolgono con apprezzamento la risolutezza del governo che istituzionalizza la loro stessa determinazione ad auto-proteggersi. Il governo fa, certo, è vero. Ma ha gioco facile, come chi deve mettere in scena una parata da tutti voluta, soldati e spettatori. La paura e il desiderio di misure straordinarie fanno quindi accogliere con favore le misure appunto straordinarie adottate dal governo. Che non è poi tanto differente, si inizia a percepire mediaticamente, da quello che ha blindato Wuhan.
Le rivolte carcerarie
Ben diversa, ai nostri occhi antitetica, è l’importante vicenda delle rivolte carcerarie. Tutti apprendemmo dai media che la comparsa di casi di covid in Italia fu l’occasione per l’esplosione di intense rivolte in diverse carceri italiane. Le notizie non furono mai particolarmente dettagliate. Si seppe di scontri violenti in diverse città tra detenuti e polizie, con feriti e un certo numero di evasi. I detenuti protestavano – si apprese – per il grande rischio di contagio che le loro condizioni di vita collettiva all’interno delle prigioni rappresentavano. Gli italiani, dopo alcuni giorni di questo tenore di informazioni, appresero che a un tratto le rivolte erano state sedate. Non si seppe granché su come ciò avvenne, né si entrò nel dettaglio dell’uno e dell’altro carcere, di questa e quell’altra città. I media tuttavia trasmisero una comunicazione del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria): le rivolte avevano lasciato a terra quattordici detenuti morti. Ma si badi bene, morti per overdose da metadone, non per cause più cruente. Nove nel carcere di Modena, uno a Bologna, quattro a Rieti. Non si conoscono nomi e circostanze specifiche dell’uno e dell’altro caso: questi quattordici, distribuiti su tre differenti città, evasi dalla detenzione in occasione delle contemporanee rivolte, hanno svaligiato le infermerie delle rispettive carceri facendo incetta smisurata e letale di metadone, oppiaceo utilizzato per lo svezzamento da eroina. Poveretti. L’ordine nelle galere è stato, dunque, presto efficacemente ristabilito; ha avuto – purtroppo è vero – queste anonime vittime collaterali, delle quali è sfuggito per forza di cose, a causa dei disordini creati dai detenuti, il contenimento delle loro stesse pesanti attitudini tossicomaniche (si sono di fatto suicidati), ma il caso è ora chiuso.
I detenuti delle carceri hanno nei confronti del governo, paragonati ai ristretti nelle zone rosse, un comportamento opposto: vi si scagliano contro con forza. Il governo tuttavia reagisce in modo efficiente: non sappiamo nel dettaglio come, ma ci informa concisamente di un rapidissimo e netto risultato. È in questa vicenda che si vede davvero la forza esecutiva del governo, che improvvisamente sembra poter far tutto. Anche spegnere su più fronti violente rivolte carcerarie, verosimilmente organizzate da importanti organizzazioni criminali, le stesse che da secoli parassitano la vita civile della nazione e che in questa occasione sembrano immediatamente battute, senza fare vittime, mantenendosi le istituzioni entro gli argini della correttezza democratica. Ciò è almeno quello che viene comunicato dai media. Se quattordici sconosciuti poveracci si sono gettati a tuffo sul metadone in contemporanea su tre città differenti morendone, non è colpa del governo. Il governo non ha ucciso nessuno.
Queste rapide notizie relative a una eccezionale rivolta allargata di detenuti, spenta con straordinaria misteriosa efficienza lasciando a terra delle vittime che ufficialmente lo sono solo di se stesse, vengono praticamente ignorate dal grande pubblico. Lo stesso pubblico che fino a pochi giorni prima veniva convulsamente coinvolto in dibattiti riguardanti la correttezza democratica e umanitaria delle istituzioni governative in varie vicende, riguardanti l’immigrazione clandestina (decreti sicurezza, l’episodio Carola Rackete), il comportamento della polizia in singoli episodi (es. la reazione letale di un carabiniere in borghese a un tentativo di rapina a mano armata da parte di un quindicenne a Napoli), finanche il puntiglioso utilizzo politicamente corretto di singole parole (es. la declinazione al femminile di termini finora esistenti solo al maschile, es. ministro, ministra), questo stesso parterre non dedica tempo per commentare questa inedita, misteriosa efficienza repressiva del governo italiano. A nessuno interessa sapere meglio, di più, voler conoscere le storie individuali di questi quattordici morti di overdose simultanea da metadone in tre differenti città. In pochi giorni l’argine democratico entro cui le istituzioni devono agire non interessa più granché: si esige da parte del governo l’imposizione di sicurezza, non interessa più tanto come. Lo spettro di un’epidemia globale – che purtroppo presto si farà carne – catalizza tutta l’attenzione e ha già avviato all’interno di molte coscienze un sovvertimento: i diritti del singolo, le libertà individuali devono passare in secondo piano rispetto alle urgenze di sicurezza sociale che vanno imposte dall’alto a tutti.
Sarà un cambio epocale di coscienza politica collettiva.
Sono perfettamente d’accordo con te in questo passo:
È del tutto evidente che i tanti casi che via via vengono individuati non hanno per forza un legame di contagio con Mattia: questo per la scienza è ovvio. L’intero fenomeno va letto al contrario: le notizie provenienti dalla Cina di una nuova malattia virale polmonare grave hanno attivato la ricerca di questo virus negli ospedali italiani, e da questo momento in poi, cioè quando lo si inizia a cercare, esso viene trovato.
Ti dico di più, credo di essere stata contagiata con questo virus da una coppia di amici apparentemente solo influenzati che mi avevano trasportato nella loro auto, sviluppando io stessa la malattia il primo di febbraio 2020, quando appunto ancora si sapeva poco o nulla dei sintomi. Cosi pensando fosse influenza come faccio di solito sono stata un po a riposo perché benché la febbre fosse bassa ero veramente spossata. Aspettando che mi passasse, io in genere non prendo farmaci tranne qualche aspirina, mi resi conto che invece di migliorare dopo qualche giorno le mie condizioni peggioravo con sempre maggiore difficoltà respiratoria, spossatezza e una fastidiosissima tosse pungente e senso di compressione ai bronchi che attribuivo al freddo che prendevo ogni mattina per dare da mangiare al mio cavallo. Dopo una settimana cosi, senza forze neanche per andare in farmacia e visto che i sintomi si aggravavano invece di migliorare, mi feci portare a casa del cortisone convinta dal medico a prendere qualcosa perché passavo le notti in bianco non potendo piu respirare coricata. Dopo due giorni cominciai a migliorare, potevo respirare e dormire anche se i sintomi influenzali passarono del tutto dopo un’altra settimana lasciandomi una perdita totale dell’olfatto riacquistata molto lentamente. Questo te lo racconto per dirti che anche senza un tampone posso affermare con certezza di non aver avuto una normale influenza, sicuramente non ricordo di aver mai avuto una tale difficoltà respiratoria con questa infiammazione ai bronchi, di cui non ho mai sofferto. Se avessi pensato solo per un momento di aver contratto questo strano virus di certo sarei finita in ospedale con maschera d’ossigeno o forse non sarei già più qui. Tutto questo agli inizi di febbraio, prima del primo caso e come me molte altre persone, ad esempio tutta la famiglia dei miei amici finì a letto con gli stessi pesanti sintomi respiratori. Ma già nel 2018 si ebbero in nord Italia casi paticolari di polmonite con moltissimi decessi. Inoltre, è forse una coincidenza, nell’ottobre del 2019 fu ultimato il trasferimento da città del Cairo a Sigonella di uno dei più importanti laboratori militari americani, uno di quei laboratori come quello di Wuhan dove fanno sperimentazione sui virus, altamente a rischio per intenderci. Quindi è del tutto probabile che molti di questi virus già circolassero, a questo proposito ti consiglio di cercare un libro di Franco Fracassi, così come molte epidemie virali si sono sviluppate nei pressi di questi grandi laboratori sparsi in tutto il mondo come ad esempio l’Ebola, e che poi in questo caso cavalcando questa ondata di infezioni si sia messo in piedi tutto il baraccone mediatico della pandemia favorendo di fatto le restrizioni delle libertà e il regime emergenziale sanitario che conosciamo ormai bene. Per questo motivo io sostengo che questa non è una questione sanitaria, non era mai importato a nessuno di curare la gente prima come lo è ora, ma di natura esclusivamente politica anzi geopolitica. Il virus in se non fa più decessi di una comune influenza e questi decessi dovuti strettamente a questo virus, che sono un numero sicuramente molto inferiore a quanto riportato, si sarebbero potuti evitare curando i malati già dai primi sintomi, come si fa per l’influenza e come hanno fatto tutte le personalità politiche che lo hanno contratto e non è morto nessuno. Qui in gioco vi sono grandi stravolgimenti sociali ed economici per un nuovo riassetto della società capitalistica che con non può più funzionare così come noi la conosciamo.
Ciao Mariella,
che Mattia fosse il primo caso riconosciuto e non il primo infetto in Italia era ovvio e inopinabile per la scienza vera. È incredibile che per un certo non breve periodo i media lo presentarono invece come primo infetto.
È molto probabile che la sindrome che manifestasti fosse covid.
Riguardo a conclusioni su complotti e grandi manovre occulte sovranazionali io sospendo totalmente il giudizio: in generale le ritengo poco probabili, ma certamente non impossibili. Personalmente mi limito a trattare elementi dialettici dei quali ho un ragionevole controllo diretto: il comportamento dei media lo abbiamo sperimentato di persona tutti. Se dietro ci sia una segreta organizzazione sovranazionale non ho nessun elemento diretto per affermarlo. Ció non significa ovviamente che io lo ritenga del tutto impossibile.