pubblicazione n. 9
Analisi della logica comunicazionale media/governi.
Il nostro saggio ha per oggetto prevalente la valutazione dell’informazione generale sul covid in Italia, mediatica e politica, come strumento di contrasto dell’epidemia. Si compone quindi da sé un primo quesito: l’informazione, i media italiani, hanno nel complesso trattato la pandemia covid nel modo più utile alla contenzione di essa da parte della popolazione? La domanda ne accende una a monte più generale, relativa al compito sociale dei media: essi hanno un qualche dovere, un obbligo, in una situazione di emergenza nazionale, di farsi unicamente strumento di utilità pubblica? È obbligatorio per un network attenersi strettamente alla diffusione di istruzioni che vengano ritenute da esso stesso strumenti di contenzione del virus, senza divagazioni? Oppure i media possono mantenere una certa autoreferenzialità, la libertà di argomentare sul tema dell’emergenza in vario e molteplice modo, a prescindere dalla necessità pubblica di essi come comunicatori di massa di circoscritte istruzioni anticovid?
Cercheremo di fornire delle risposte a queste domande, ma è necessario fare prima un ulteriore passo di approfondimento. Potrebbe avvenire che, nel contesto di una emergenza nazionale come il covid, il governo decreti delle misure che non siano ritenute valide, efficaci, giuste, ai fini dello stesso contrasto dell’emergenza – in questo caso il covid – dalla redazione di un grande network: quest’ultimo deve potere diffondere messaggi disallineati dai provvedimenti di emergenza intrapresi dal governo? Oppure i media dovrebbero attivare una sorta di modalità di funzionamento straordinaria, che preveda per essi la sola funzione di amplificatori e divulgatori delle determinazioni emergenziali governative? Non è affatto detto che media e governo condividano come efficaci le misure restrittive e obbligatorie: possono in tal caso comunicare al pubblico messaggi disallineati, oppure è d’obbligo che i media si subordinino per emergenza sopravvenuta al potere politico?
La sola logica teorica comunicazionale resterebbe sterile, prevedendo più risposte aperte e antitetiche. Serve applicare al reale la disamina, introducendo un dato concreto pertinente la pandemia mediatica in Italia: lo scontro civile in atto (settembre 2021). Il conflitto civile in Italia relativo ai temi covid è certamente frutto della complessiva informazione attivatasi dal marzo 2020. In assenza dei media la popolazione non si sarebbe ovviamente mai potuta concentrare sul tema ai livelli raggiunti. Come abbiamo già esposto, il conflitto tra fazioni diverse della popolazione venne acceso da due elementi principali: a) l’eccitazione straordinaria delle psicologie operata dai temi igienici e psico-relazionali tipici di una epidemia; b) l’avere esposto l’intera popolazione a un interminabile dibattito scientifico svoltosi sui media.
Gli animi eccezionalmente accesi dalle paure e peculiarità della contagiosità e morbilità del covid hanno ricevuto per molti mesi dai media non delle circoscritte istruzioni operative (come quelle che il medico fornisce al suo paziente) bensì un perenne congresso misto di infettivologia, immunologia, igiene pubblica, etica pubblica, politica sanitaria, diritto costituzionale ecc. Il pubblico, assimilabile al paziente in ansia, è stato tramortito da quello che voleva essere un dibattito scientifico. Questo illimitato dibattito scientifico ha presto mostrato, come tutti i dibattiti scientifici, contraddizioni e dietrofront: un pubblico sereno e pigro, come l’audience di un congresso medico, non li avrebbe tanto notati. Ma questo non era un pubblico sereno: era terrorizzato ed eccitato come un paziente grave lo è dinanzi al medico che deve esporgli la prognosi della sua malattia. Ha notato, quindi, marchiane contraddizioni. Gli sono molto pesate, perché il pubblico, per definizione, non è istruito sui modi e metodi della scienza, non è fatto da diligenti studenti di fisica o biologia particolarmente ferrati in epistemologia. Dunque ha attribuito un valore semi-dogmatico alle prime verità calate dall’alto dagli esperti. Quello che si svolge in TV come un prolisso, puntiglioso, allungato dibattito pur sempre scientifico, diviene per il popolo spaventato un poco comprensibile inanellamento di errori, contraddizioni, cantonate, ripensamenti, dietrofront. Il contesto comunicativo è errato. Quello che parte come un illimitato dibattito scientifico arriva al pubblico come un potpuorrì, il farfugliare inconcludente del medico a cui ti sei affidato, che vorresti invece ti desse – a te malato – delle chiare direttive. Il messaggio di partenza “fidatevi della scienza” arriva come il principale stimolo al perdere fiducia nella scienza. I media volevano usare le loro tipiche semplificazioni sintetiche comunicazionali per convincere, “è la scienza che te lo chiede”, sorvolando sulla vera e propria natura della scienza (che non fornisce affatto verità definitive né istruzioni pratico/politiche), ma il risultato è stato un incremento di sfiducia nella scienza, basato sulla ricezione da parte del pubblico eccitato di un messaggio inadatto alla situazione.
È questo il meccanismo chiave di innesco dello scontro civile in Italia. Quelli che sono stati chiamati in ordine cronologico “negazionisti”, “complottisti”, “no-vax”, sono coloro che abbiamo già indicato come normalmente portatori di attitudini “paranoicali” eccitati in modo esponenziale dal tipo di informazione descritta. Si accendono sempre più, fino a diventare una specie di movimento socio-politico, perché il dibattito mediatico gliene ha dato precise motivazioni, li ha bersagliati di stimoli potentissimi esacerbanti la loro sfiducia, diffidenza, il loro sospetto e talora il delirio. Gli “scientisti/ufficialisti” sono i già indicati “fobico/ossessivi” (come attitudini normali) sempre più eccitati dalla speculare crescita della fazione opposta, e dal bisogno via via più intenso di differenziarsi socio-culturalmente da essa, nonché di affidare all’autorità politico/”scientifica” la propria salvezza infettiva, la personale incolumità igienica, anche sulla scorta di suggestioni moralistiche, piuttosto tipiche delle psicologie ossessivo/”igieniche”. Gli stessi ammettono in gran parte l’inadeguatezza del dibattito mediatico, riconoscono i molti errori governativi, ma per essi conta l’affidarsi all’autorità, rappresentata dal governo e – questa è l’enorme novità – dalla “scienza”. Per molti di loro si tratta psicologicamente, in realtà, di autorità “igieniche”.
Lo scontro civile è quindi un effetto certo della informazione mediatica.
I quesiti che abbiamo posto in apertura di questo capitolo vanno rivisti alla luce di questo dato. Si ponga nuovamente dunque il primo quesito in una più realistica forma: l’informazione, i media italiani, hanno nel complesso trattato la pandemia covid nel modo più utile alla contenzione di questa da parte della popolazione, tenendo conto del fatto che hanno indotto in essa lo scontro civile? E quindi: lo scontro civile è funzionale al contrasto della pandemia? Introdurremo dei distinguo inevitabili tra una misura “assoluta” della efficacia dei media contro il covid, poco definibile perché avrebbe la presunzione di conoscere cosa è certamente utile in modo definitivo al contrasto della pandemia, e una misura funzionale interna agli scopi dichiarati da governo e media a questo scopo: in questo secondo caso ci si limita a stabilire se lo stile comunicativo utilizzato sia stato il migliore al raggiungimento degli obiettivi dichiarati da questi soggetti emittenti (ad. es. la massima adesione possibile alle vaccinazioni, la massima diffusione dell’uso delle mascherine, ecc.), sospendendo il giudizio sulla reale bontà ed efficacia anticovid delle stesse risoluzioni proposte (il vaccino funziona o no? Le mascherine proteggono davvero? ecc. ).
L’utilità dello scontro civile nel contrasto alla pandemia non si intravede, a un primo sguardo. Il fatto che vi sia una quota della popolazione che ostenta rumorosamente diffidenza, sui social e in qualche piazza, nei confronti di gran parte delle risoluzioni e delle scelte politiche e di quella “scienza” che ha accompagnato la politica in questa vicenda, depone ovviamente per il contrario. Sarebbe stato molto meglio – utilizzando una logica lineare e limpida – che l’intera popolazione fosse stata omogeneamente persuasa. Per l’inviante un messaggio di persuasione a un pubblico da persuadere, il massimo risultato teorico raggiungibile è persuadere omogeneamente tutto il pubblico. I media, come abbiamo visto, in Italia non hanno però utilizzato uno stile comunicativo mirato alla semplice istruzione e alla persuasione nei confronti delle restrizioni e determinazioni operate dal governo; e neanche si sono discostati dalle indicazioni governative per fornirne istruttivamente di altre, da essi ritenute più efficaci contro la pandemia: semplicemente i media hanno infinitamente dibattuto e compulsivamente approfondito, non istruito. Il conflitto che ne è nato potrebbe avere avuto un effetto “positivo”, ovvero favorente la diffusione e la conoscenza delle precauzioni prescritte, solo se lo valutiamo – come detto in precedenza – come un catalizzatore dell’attenzione dello spettatore sul covid. Del Festival di Sanremo fanno più notizia le liti tra cantanti, o l’abito osé di una presentatrice, che non le canzoni; al Grande Fratello una violenta lite a parolacce tra concorrenti; il prof. Sgarbi ha costruito sulle intemperanze verbali contro i suoi interlocutori una buona parte del suo successo televisivo. I media hanno le loro regole e trucchi. La interminabile lotta covid tra “responsabili” e “negazionisti”, “fobico/ossessivi” e “paranoicali/ribelli”, “ufficialisti” e “complottisti”, “vaccinisti” e “no-vax”, “pro-green pass” contro “no-green pass” è stato dopo il primo impatto della primavera 2020 il principale catalizzatore dell’attenzione del pubblico sul covid. Le tabelle statistiche dell’indice RT, delle percentuali di positivi tra i tamponati quotidiani, le percentuali di mortalità sulla totalità dei positivi, non hanno la stessa presa sul pubblico. Il conflitto civile appassiona sulla base dello stesso principio per cui appassiona lo scontro tra tifoserie calcistiche: l’appartenente a una fazione ritrova in essa e nell’opporsi all’avversaria dei motivi di rinvigorita esistenza, di riconoscimento di sé nel compagno, che diventa amico, di rivitalizzazione e scopo nel contrasto ai rivali e ai valori negativi di cui questi sarebbero portatori. I tanti temi covid sono ben più sensibili e fondanti la vita biologica, sociale, politica delle persone rispetto al calcio, e hanno ovviamente acceso intensissime dispute, al limite della guerra civile. I media hanno avuto un enorme, abnorme successo nel catalizzare l’attenzione del pubblico sul covid, proprio tramite il conflitto civile che hanno creato trattandolo. Il popolo italiano ha nella stragrande maggioranza aderito, obbedito ai tanti decreti emergenziali: è stato pressoché totalmente diligente durante il famoso lockdown del marzo-maggio 2020; ha fatto proprie ubiquitariamente le mascherine; a oggi (settembre 2021) più del 70% della popolazione italiana si è vaccinata; la maggioranza della popolazione sta accettando sorprendentemente il pur discutibile green pass. Si potrebbe affermare che il conflitto creato dai media, le interminabili polemiche, gli odi ideologici, hanno fatto il gioco dei due governi ad oggi coinvolti. Questa ci appare l’unica interpretazione possibile entro la quale il conflitto civile possa avere avuto una funzione divulgativa consona agli scopi dei divulgatori: infuocare gli animi per tenerli concentrati. Ma anche in quest’ottica c’è il neo, qualche quota di perdita: i più radicali no-vax e no-green pass sono stati creati e sempre più caricati a molla dal conflitto civile messo in moto dai media. Il Governo Draghi, con i recenti incalzanti allargamenti a tappeto del green pass, ha scelto di mettere la firma sotto una certa radicalizzazione del conflitto, alzando il livello da polemica social di costume a vero e proprio e tradizionale scontro politico. Il potenziale terrorista no-vax, no-green pass, che pare sia già armato, ora identifica meglio il suo nemico: il potere. Draghi, per usare una metafora, attira da un po’ su di sé le pallottole che fino a poco prima erano idealmente indirizzate ai media e ai virologi della “scienza”. Il più grave pericolo di una campagna mediatica che pur di attrarre l’attenzione esaspera conflitti sociali è l’avvio del terrore. Al momento (fine settembre 2021) il green pass “pesante” voluto dal Governo Draghi ha gettato benzina sul fuoco del conflitto, sembra particolarmente odiato ed è certamente difficilmente applicabile a tappeto.
Ne concludiamo, in un primo giudizio, che i media sono stati efficacissimi nel tenere accesa in Italia l’attenzione del pubblico sul covid, e quindi evidentemente anche nel favorire l’adesione alle misure, ma proprio perché, in gran parte, hanno indotto un conflitto interno al pubblico stesso, mettendo di fatto italiani contro italiani, talora con il raggiungimento di toni assai violenti. Il Governo Draghi, più del Governo Conte, come vedremo presto, ha scelto nell’agosto del 2021 di esacerbare questo conflitto ufficialmente, introducendo il green pass.
Nulla da eccepire sulla coerenza delle argomenta zioni e sui riscontri critici rilevati.Mi manca una sola risposta:E’falso che il contenimento e l’efficacia dei vaccini siano la causa della minore diffusione dei ricoveri e del regredire della pandemia,pur nelle varianti che va assumendo?E se e’ falso a cosa si debbono queste reazioni?
Come puoi appurare direttamente, il mio saggio esula del tutto dalle questioni propriamente epidemiologiche e infettive, anzi ha il preciso scopo di indicare come il mescolare queste con le scelte governative, inevitabilmente anche politiche, economiche, sociali, culturali, mediatiche, sia stato terribilmente deleterio e abbia aggravato la situazione generale.
Al di fuori pertanto degli argomenti che tratto nel mio volume, rispondo con la mia opinione di medico (non specialista del settore) alla tua domanda: credere giorno dopo giorno a dei “perché”, a dei “meriti” e a delle “colpe”, in relazione a un fenomeno cosí titanico come la pandemia, è come minimo da ingenui, se non è invece uno sport condizionato da grossolani pregiudizi socio-politici. E lo abbiamo già sperimentato diverse volte: ad es, le vaccinazioni che ad agosto 2021 avevano “eliminato” i contagi (con 40 gradi…argomentazioni grottesche), a dicembre, con l’85% di adesione, non hanno retto. Stabilire colpe e meriti ogni due settimane all’interno di un fenomeno di tale portata è stupido. Una cosa è il potere inibitorio della grave malattia che un farmaco ha, certamente importantissimo in una dimensione prettamente e limitatamente clinica, altro è il potere anti-infezione, anti contagio, che si cerca in un vaccino di massa. Il vaccino, lo ripeto per l’ennesima volta, su un piano epidemiologico, cioé quello che riguarda le popolazioni intere e quindi le scelte politiche e sanitarie, serve in primis a garantire una affidabile tracciabiltà dei contagi, così da potere distinguere in modo sempre più efficiente ai fini della contenzione epidemica tra infettabili e non infettabili.
Questa distinzione propria della epidemiologia vaccinica diventa impossibile – come avviene oggi – se non disponi di un inibitore dei contagi, cioè di un vaccino, ma solo di un inibitore sindromico. Ne risulta assolutamente evidente che affidare l’intera lotta al covid sul piano nazionale a un vaccino così scarso come vaccino, addirittura subordinando ad esso basilari criteri di libertà degli individui e di loro uguglianza dei diritti è da irresponsabili, che si ostinano a rivendicare un loro colossale investimento fatto al buio come l’”unica arma”.
Il “credo” nel vaccino, così violentemente gettato contro la popolazione dal Governo Draghi, ha consentito di assolvere i governanti stessi da ben altri impegni e compiti contenitivi, come il potenziamento delle TI e dell’assistenza a domicilio, il sostegno economico a interi settori devastati, la ricerca scientifica statale, il potenziamento del remoto efficiente nella PA e nella scuola e la loro vigilanza, il commissariamento di sanità criminali cone quella calabrese, la diffusione di una vera divulgazione educativa scientifica.
Il vaccino doveva essere una parte di un armamentario ben più vasto che il governo si è rifiutato di comporre, preferendo addossare a milioni di cittadini “colpe” surreali.
I cd “no vax” sono di fatto i capri espiatori della “fede” preventiva di tutta la CE, e in particolare del governo italiano, in un vaccino inefficiente.
La giocata d’azzardo non è andata nel migliore dei modi.